Debora Hirsch

Dal 17 marzo al 2 Giugno 2016 - Galleria Pack - Spazio 22

Galleria Pack di Milano è lieta di annunciare l'inizio della propria collaborazione con l'artista brasiliana, ormai di stanza a Milano, Debora Hirsch. La mostra, intitolata donotclickthru, inaugurerà il 17 Marzo e continuerà fino al 2 Giugno.




Galleria Pack di Milano è lieta di annunciare l'inizio della propria collaborazione con l'artista brasiliana, ormai di stanza a Milano, Debora Hirsch.

La mostra, intitolata donotclickthru, inaugurerà il 17 Marzo e continuerà fino al 2 Giugno.

La produzione artistica di Debora Hirsch può essere definita sia concettuale che 'assimilativa': l'artista raccoglie, seleziona e fonde stimoli visuali derivanti sia da immagini che da testi. Le immagini, provenienti da una ampia varietà di differenti media, sono utilizzate in una prospettiva personale, ricreate e riproposte con il mezzo del disegno, del dipinto, del video o con altre variegate forme di espressione artistica scelte dall’artista. I suoi lavori presenti in mostra presso Galleria PACK non hanno un carattere politico o emotivo.

Le opere proposte affrontano il tema dell'influsso sulla cultura e sulla società contemporanea esercitato dai mezzi di comunicazione e dalle tecnologie della contemporaneità. Uno dei suoi disegni pone apertamente il quesito Se tutto e’ al di fuori di noi, che cosa ci resta dentro? “If everything is out there, what is left within you?.” Hirsch indaga sulla condizione umana, le vulnerabilità e le contraddizioni connaturate nell'uomo, senza lasciare mai lo spazio a pregiudizi, assiomi e cliché.

L'uso della forma imperativa donotclickthru, con cui è intitolata la personale, è utilizzato anche come url del sito dedicato a questo lavoro: www.donotclickthru.com.

In ultima analisi, lo scopo del sito web è quello di ottenere 'zero clicks', 'nessuna navigazione'. Il lavoro presenta una successione di immagini, disegni e testi, che simulano il formato tipico della comunicazione web nello stile. Il sito può essere inteso come una trappola per gli esseri umani i quali, ridotti alla condizione di topi, inseguono e sono attratti come da un'esca di formaggio invisibile, immateriale e assolutamente inodore. Lo spettatore è chiamato a confrontarsi con la dimensione effimera di Internet, che altro non è se non una trappola in grado di trasformare una possibilità in una sicurezza assoluta, un dubbio in una certezza, un gruppo in minoranza in una maggioranza di individui.

Tutto può essere trasformato in una lista, e non importa il quanto irrilevante o fittizia. La nostra curiosità di osservatori è attivata, innescata e ci sentiamo in dovere di colmare il divario di conoscenza. Cliccare sul mouse incarna il prototipo perfetto di un perfetto piacere: e' squisito e lascia insoddisfatti. Più si è delusi dal contenuto materiale, più insoddisfatte e disattese risultano le nostre aspettative, maggiormente ci si ritroverà ad osservare nuovamente lo stesso contenuto: quello che circola, ritorna. Nei dipinti esposti, Hirsch funge da narratore di alcuni precisi e definiti momenti storici: dal periodo coloniale del Brasile, all'era precedente l'avvento della tecnologia digitale, alla società digitale contemporanea, e al tempo che ancora deve venire.

Possiamo immaginare il mondo digitale come un sistema sofisticato di rifrazione, una proiezione senza sosta del riflesso, uno specchio infinito dalla forza e capacità inesauribili. Gli specchi di per sé hanno un effetto destabilizzante ma noi tutti ne siamo affascinati, siamo ammaliati dagli specchi e dal loro effetto, allorché la nostra realtà ci attrae e ci terrorizza simultaneamente. Il mito di Narciso, nella versione ricreata e riproposta da Borges, ci rammenta, infatti, che non si può sostenere a lungo questa tensione.

Fino a questo momento, non eravamo mai stati sommersi letteralmente da tanta informazione e circondati da così tante superfici riflettenti. Nell'esposizione, Hirsch ripropone per analizzarlo, il sistema comunicativo democratico, orizzontale, trasversale, privo di gerarchia, interattivo e simmetrico che la tecnologia digitale ci ha messo a disposizione da un lato, mentre dall'altro, e’ paradossale che proprio la tecnologia digitale ci abbia offerto una vita che è destinata ad essere prevedibile e predittiva, controllata e controllabile, condannata a sovraesposizione e a mancanza di privacy; una sconvolgente società ordinata e preordinata.

Della sua produzione artistica, all'apparenza familiare non si può determinare e affermare con certezza se il significato in essa espresso, in ultima analisi, si riferisca alla cultura digitale contemporanea, alle credenze popolari, alla cultura condivisa da tutti, alla religione, alle forme di oppressione e di controllo, alla natura, al giogo di varia origine morale e politica a cui è sottoposto l'uomo, oppure a qualsivoglia altri significati.

Le opere d'arte esposte ci coinvolgono, ci sfidano e generano con lo spettatore una dialettica conversazione che porta alla riflessione personale; i lavori stessi non operano una censura né infondono significato ai soggetti rappresentati, lasciando così ogni tipo di considerazione e giudizio all’osservatore che li contempla.



Galleria Pack, Milan, is pleased to announce their first collaboration with the Milan-based Brazilian artist Debora Hirsch.

The exhibition is entitled donotclickthru. It will open on 17th of March And run till June 2nd. Hirsch’s artwork is often conceptual and appropriative as she gathers visuals (images and texts) from a wide variety of media to build her own perspective through drawings, paintings, videos and other forms. Her work for this exhibition does not suggest an emotional or political agenda.

Rather, Hirsch’s work deals with the influence on culture and society of contemporary means of communication and technology. “If everything is out there, what is left within you?” asks one of her drawings. Hirsch explores our human condition, including vulnerabilities and contradictions, without leaving any space for a judgmental attitude, axioms and clichés. The imperative sentence donotclickthru is also the url of the website related to the work: www.donotclickthru.com. ‘The aim of the website is to get zero clicks.’ It presents a succession of images, drawings and texts, which simulate the typical web format of communication. It may work like a trap for humans in which we, reduced to mice, go for an invisible, immaterial and odourless piece of cheese. We are presented to the Internet ephemera -- a trap that may transform a possibility into a must, a doubt into a certainty and a minority into a majority of people, or everybody. Anything can be turned into a list, no matter whether meaningless or fictitious. Our curiosity gets triggered; we must fill that knowledge gap. Clicking is the perfect type of pleasure. Clicking is exquisite and it leaves one unsatisfied. The more you find the content disappointing, the more you will come across it again. What goes around, comes around.’ In the paintings on show, Hirsch acts as the narrator of some precise historical moments. Such moments regard the Brazil's colonial period, the pre-digital era in which viral pervasiveness could be only analogical, the current digital society, and the time still to come. “We may think about the digital world as a sophisticated reflection device, a relentless mirror. Mirrors are destabilising but we are fascinated by them as our reality attracts and terrifies us. The Narcissus myth, recreated by Borges, reminds us that one cannot stand that tension for long. We have never had so many reflective surfaces and information.” In the exhibition, Hirsch reflects about the democratic, horizontal, non-hierarchical, interactive, symmetrical, empowered way to communicate that technology has given us. However, paradoxically the new technology has also given us a “life that is destined to be so predictable and controlled, condemned to overexposure and lack of privacy, a freaking orderly society.” Her work seems familiar but whether its meaning refers to digital culture, popular beliefs, religion, oppression, nature, burden, or something else altogether, one cannot say. These artworks engage us in and engender conversation. They do not censor or support their subjects leaving any such judgments to the onlookers.